La studentessa di Medicina era stata da poco premiata dall’Università di Genova con la medaglia d’oro per il suo impegno, per il suo altruismo e la sua forza nella battaglia contro le malattie rare.
Noi de “La voce del Centro” ci occupammo della sua malattia e del suo impegno civico alla lotta contro le malattie rare in un articolo del primo marzo 2023, (https://www.lavocedelcentro.it/limportanza-dellassociazionismo-il-caso-di-sofia/) dedicando anche un pensiero sull’importanza dell’associazionismo e del bene che esso possa fare ad ogni singola persona sia essa malata o semplicemnte vicina a quest’ultima.
Sofia, 23 anni, morta per colpa di una brutta malattia quale l’ angiosarcoma cardiaco; studentessa di medicina al quinto anno, aveva deciso di fondare l’associazione “Sofia nel cuore” in seguito alla scoperta della sua malattia con l’obiettivo di portare avanti un progetto di ricerca scientifica per migliorare la qualità di cura e ampliare l’offerta terapeutica per i pazienti affetti da questo male.
Su Instagram, la giovane aveva raccontato il suo impegno “per tutte le persone e le famiglie che si sono sentite spaventate, abbandonate e sconfortate al momento della diagnosi, come è capitato a noi”. E “perché nessuno riceva mai più una sentenza di morte come è capitato a me e a tutte le persone che hanno lottato contro la stessa malattia”
Sofia ha lottato contro questo male cercando anche di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle malattie rare. Sofia è stata un esempio di coraggio e di forza, oltre che di attaccamento ai valori scientifici e medici. “Buon viaggio Sofia… anzi – anche se il destino ti ha privato di questa gioia terrena – buon viaggio Dottoressa… illumina da lassù la ricerca e lo studio delle malattie rare”. Così su Facebook il direttore della Clinica di Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti sulla scomparsa di Sofia Sacchitelli.
E’ giusto ancora ricordare ad oguno di noi l’importanza di non far sentire solo nessuno perchè nessuno lo merita. E’ fondamentale che la Comunità tutta faccia in modo di far sentire le persone meno fortunate parte integrante di un progetto, rendendo la malattia non una “sentenza di morte” – come sottolineava Sofia -, non un handicap, non un malus ma un qualcosa da condividere, che dia stimolo a migliorare gli altri perchè la vita dà sempre un’altra chance e per questo vale sempre la pena di essere vissuta.
Grazie Sofia.